Si celebra quest’anno il 150° anniversario della nascita, avvenuta a Melfi il 19 luglio 1868, di Francesco Saverio Nitti, figura singolare e moderna di politico e pensatore. Pubblicista di valore, nominato a trent’anni professore di Scienza delle finanze a Napoli ed eletto deputato nel 1904 nel collegio di Muro Lucano, fu più volte ministro agli inizi del Novecento e Presidente del Consiglio nel 1919-20, poi esule a Parigi durante il fascismo e, dopo la Liberazione, tra i padri costituenti della Repubblica ed esponente della ricostituita democrazia.
La lotta contro l’analfabetismo, le indagini sul campo, gli interventi in Parlamento, le proposte di legge, la forte vocazione europeista e la strenua lotta per l’affermazione dei valori di libertà e democrazia rappresentano i pilastri della vita e dell’impegno di Francesco Saverio Nitti. Acuto studioso della questione meridionale, dedicò a questo argomento alcuni saggi fondamentali, come Il bilancio dello Stato dal 1862 al 1896-97 (1900), Nord e Sud (1900), La città di Napoli (1902) e l’inchiesta sui contadini in Basilicata e Calabria (1910).
Nitti proveniva da una famiglia dalle salde convinzioni antiborboniche e democratiche. Il nonno paterno, medico di tendenze liberali e unitarie, era stato ucciso nel 1861 a Venosa e la sua casa incendiata dai briganti di Carmine Crocco. Il padre, Vincenzo, aveva partecipato nel 1860 come volontario garibaldino, col grado di caporale, alle battaglie di Capua e del Volturno.
Compiuti i primi studi nel paese natale, Francesco Saverio Nitti frequentò il ginnasio a Melfi e il liceo a Napoli, dove si trasferì nel 1883. Conseguì la laurea in giurisprudenza nel 1890 nell’Ateneo partenopeo. Da studente universitario avviò un’intensa attività giornalistica per «Il Corriere di Napoli» e come corrispondente della «Gazzetta Piemontese», e dal 1892 trovò ampio spazio di collaborazione sul nuovo quotidiano «Il Mattino», fondato da Edoardo Scarfoglio e Matilde Serao.
Parallelamente all’attività pubblicistica, intraprese con successo la carriera accademica, con la nomina a professore pareggiato di Economia e legislazione agraria presso la Scuola superiore d’Agricoltura di Portici, prima di ottenere nel 1898 la cattedra di Scienza delle finanze all’Università di Napoli. Rilevante per Nitti fu, nel 1894, la fondazione della rivista «La Riforma Sociale», che diresse fino al 1908.
Deputato radicale dal 1904, fu Ministro dell’Agricoltura, Industria e Commercio con Giolitti (1911-14) e portò a termine alcune importanti riforme, come la creazione dell’Istituto Nazionale delle Assicurazioni. Ministro del Tesoro nel gabinetto Orlando (1917-19), riuscì a varare un prestito nazionale di sette miliardi. Come Presidente del Consiglio e ministro degli Esteri dal 1919 al 1920, fece approvare l’introduzione del sistema elettorale proporzionale e affrontò con moderazione la questione fiumana, mostrandosi incline ad accordi diretti con la Jugoslavia.
Nel 1920, in un clima di violenti scontri di classi sociali, organizzazioni sindacali e politiche, accusato da una parte di incapacità a restaurare l’ordine, dall’altra di azione repressiva in tutela della classe borghese, Nitti fu costretto alle dimissioni. Durante le elezioni del 1921, cominciò ad essere bersaglio delle violenze dei fascisti. Fu rieletto, ma si ritirò nella sua casa di Acquafredda, nei pressi di Maratea. Dopo il 28 ottobre del 1922 si rifiutò di partecipare ai lavori parlamentari e non riconobbe la legittimità del governo fascista. Nel 1923 alcune centinaia di squadristi diedero l’assalto alla sua abitazione romana, devastandola. Nitti decise di lasciare l’Italia.
Rifugiatosi in Svizzera (1924) e poi in Francia (1925), partecipò alle vicende della Concentrazione antifascista e svolse un’attiva propaganda contro la dittatura mussoliniana. Arrestato e deportato dai nazisti (1943), nel 1945 poté rientrare in Italia, dove assunse una posizione critica nei confronti del Comitato di Liberazione Nazionale e formò con Orlando, Croce e Bonomi l’Unione Nazionale per la Ricostruzione. Nelle elezioni del 1948 fu capo del Blocco Nazionale, mentre nelle elezioni amministrative di Roma del 1952 capeggiò il fronte delle sinistre. Membro della Consulta e deputato alla Costituente, fu senatore di diritto nella prima legislatura, in quanto ex Presidente del Consiglio. Morì a Roma il 20 febbraio 1953, a causa di una bronco-polmonite: aveva 85 anni.
Pubblicato su: Pagine Lucane, anno II – num. 3, agosto 2018, pag. 18
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